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generali, opinioni

Intelletto duro, cuore dolce.

Aveva ventuno anni, tre mesi e diciotto giorni. Si chiamava Massimiliano, un ragazzino secondo i criteri della nostra società. E pur essendo figlio del veterano Fabio Vittore – il servizio militare era infatti obbligatorio per tutti i figli dei graduati – si rifiutò di arruolarsi nell’esercito romano; “per ragioni di coscienza” apprendiamo dagli atti del processo giunti ai giorni nostri. Per tale ragione il 12 marzo dell’anno 295 d.C., sotto il consolato di Tusco e Anulino, nei pressi di Cartagine, a Tebessa venne condannato a morte e giustiziato. Condotto nel Foro, dinanzi al proconsole Dione, con fermezza affermò: “Non mi è lecito fare il soldato, giacché sono cristiano”. Per tale ragione viene ricordato il 12 marzo di ogni anno dalla Chiesa Cattolica come Santo Patrono degli Obiettori di coscienza. È forse questo il primo grande esempio cristiano.

Ma cos’è questo obiettare, questo non-fare, se non una necessaria presa di posizione per un credente anche dei giorni nostri? È o non è questa una parte integrante della vocazione dei laici, seppur nella passività del non compiere un’azione, i quali sono continuamente chiamati a risanare “le istituzioni e le condizioni del mondo, se ve ne siano che provocano al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l’esercizio delle virtù” (Lumen Gentium, Capitolo IV)? Ma non è certo questo un fatto riservato solo ai cattolici: in nome delle leggi non scritte universali – agrapha dogmata – scriveva infatti Sofocle parlando delle vicende di Antigone e Creonte.

È motivo pertanto di attenzione, anche da parte nostra, quanto sta succedendo negli USA in questi mesi, a partire dal 20 gennaio scorso quando l’Amministrazione Obama diffuse un regolamento che prevedeva l’obbligo per tutti i datori di lavoro (anche di scuole, ospedali ed enti no-profit cattolici e non) di includere nelle assicurazioni offerte ai loro dipendenti la copertura contraccettiva e abortiva. Sappiamo tutti che in campagna elettorale (che siano gli Stati Uniti d’America o la città di Como nei prossimi mesi nulla cambia), tutto diventa flessibile, tutto diventa strategia, tutto è motivo di perdita o di acquisto di voti. Se non proprio tutto, diciamo molto. Ed è così che anche il Presidente Obama, di fronte alla levata di scudi del mondo cattolico e protestante, di parte del mondo ebraico e islamico, ma anche di alcune associazioni no-profit non confessionali e di giuristi del calibro di Carter Snead, docente presso la Facoltà di legge di Notre Dame, Mary Ann Glendon, docente di Harvard, o Robert George dell’Università di Princeton, personalmente ha fatto marcia indietro. E ha richiesto una sorta di aggiustamento consistente nello spostare la fornitura dei servizi assicurativi dal datore di lavoro alla compagnia assicuratrice. Non sarebbe più, cioè, il datore di lavoro il soggetto tenuto a fornire al proprio dipendente i servizi di controllo delle nascite contenuti nei pacchetti assicurativi, ma lo sarebbe la compagnia assicuratrice fornitrice di una polizza che li contiene. Unacceptable, inaccettabile, la risposta a questa mossa di Obama. Per capire meglio la posta in gioco, ci viene incontro la traduzione del documento redatto dall’organizzazione The Becket Fund for Religious Liberty di Washington, sottoscritto dalla Conferenza Episcopale Americana e intitolato appunto Inaccettabile: “I farmaci che inducono l’aborto, i mezzi di sterilizzazione e gli anticoncezionali costituiscono una clausola obbligatoria della polizza che le istituzioni religiose o i singoli credenti sottoscrivono. Quei servizi saranno cioè garantiti a chi è assicurato da dette polizze semplicemente in virtù delle condizioni contenute nella polizza stessa”. Chiaramente una riduzione di libertà, un’imposizione ex-lege mascherata di buonismo e demagogia – sanità pagata per tutti – molto grave.

Chiarissime e adatte a ciò risuonano in me le parole di Benedetto XVI il 10 gennaio 2011, nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede: “Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto”.

Vigilare, sempre. E denunciare ciò che stride alla nostra coscienza senza aver timore nel pensare e agire diversamente, con il rischio di passar per oscurantisti e retrogradi. Quante volte ci capita di sentire infatti questi rimproveri sul posto di lavoro, tra amici, a scuola per i più giovani, magari addirittura in parrocchia? È sempre buona norma, in questi casi, far risuonare le parole del Manzoni: il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.

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Discussione

3 pensieri su “Intelletto duro, cuore dolce.

  1. ciao, forse non ho capito bene, ma il problema sarebbe che le polizze assicurative coprono farmaci e interventi abortivi? non vedo in cosa consista la limitazione della libertà individuale, è sufficiente non servirsene…

    Pubblicato da eliana | 9 marzo 2012, 15:49
    • Criptico l’articolo per chi non conosce a fondo la vicenda. Questa è la critica che ho ricevuto da alcuni amici. Grazie allora Eliana che mi permetti questa precisazione sintetica: allo stato attuale delle cose, il regolamento del dipartimento della Salute obbliga tutti gli istituti (tra cui ospedali, scuole ed enti religiosi) a pagare non solo per la contraccezione ma anche per l’aborto. La controproposta (da qui la quaestio dell’obiezione sottolineato nell’articolo), avanzata da chi ritiene di tradire la propria coscienza assicurando aborto e contraccezione ai propri dipendenti, non richiede di bandirli e vietarli alle donne americane, che ne hanno già ampio accesso, bensì di non contribuire con i propri soldi a fornire loro tali “servizi”. In poche parole si chiede solo che valga il diritto all’obiezione di coscienza, che esiste da quando gli Stati Uniti sono nati e che discende da quello della libertà religiosa, garantita dal Primo emendamento della Costituzione americana, da cui discende pure tutto l’assetto statale americano: «Il Congresso – recita l’emendamento – non può promulgare leggi che interferiscano con la religione o con l’esercizio di questa». È forse un po’ più chiara adesso la posta in gioco, no?

      Pubblicato da Stefano Novati | 9 marzo 2012, 16:08
  2. Ma guarda, che ne abbiano ampio accesso è una affermazione che andrebbe valutata: anche in Italia c’è una legge che disciplina l’interruzione di gravidanza, ma i dati sull’obiezione di coscienza negli ospedali lombardi indicano che nella pratica non è poi così facile accedere a questo genere di prestazioni sanitarie.
    Sì, il gioco è molto sottile….non vietare, ma non contribuire a facilitare. Sarebbe un po’ come se ognuno di noi potesse decidere per cosa pagare le tasse…Quanto a monte può arrivare l’obiezione di coscienza?

    Pubblicato da eliana | 12 marzo 2012, 13:24

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