“Conoscere per deliberare”: fu una regola per Luigi Einaudi. Per deliberare scrisse, non per decidere. Dove sta la differenza? Deliberare è un qualcosa che riguarda soprattutto le Amministrazioni Pubbliche. Einaudi temeva l’improvvisazione e la superficialità nelle decisioni di interesse pubblico: o forse anche il peso della dialettica politica, capace di mettere in ombra la realtà dei fatti. Partiamo da qua, per aprire una finestra sull’Europa e su quanto sta al di fuori dei confini geografici e culturali dell’Italia.
Il grazie va a Davide Vavassori, studente di Relazioni Internazionali presso l’Università Statale di Milano ed in Erasmus presso l’Université Libre de Bruxelles, in un posto chiave, quindi, per capire meglio le dinamiche delle politiche comunitarie.
L’Europa ce lo chiede, lo vuole l’Europa! Facciamo chiarezza: noi, cittadini d’Europa, cosa realmente vogliamo?
Il 22 maggio 2014 i 500 milioni di cittadini dell’Unione Europea saranno chiamati a scegliere i propri rappresentanti presso l’unica istituzione sovranazionale esistente che abbia poteri legislativi ceduti dagli stati nazionali ad organi che siano in grado di dare risposte comuni – o quantomeno di formularle – a problemi comuni. Recentemente questa nostra eccezionalità politica, che ci pone come l’unica unione di popoli nella storia dell’uomo che sia stata veramente in grado di elaborare con coraggio un’alternativa valida allo stato nazionale di natura post vestfaliana – riconoscendo dunque i limiti dello stato vestfaliano caratterizzato da una sovranità nazionale monolitica, assoluta ed incedibile ad ogni altra forma politica sovranazionale – è stata fortemente criticata per non essere riuscita a risolvere i problemi che affliggono le nostre società dal 2008. L’attacco portato ad istituzioni europee da parti differenti del panorama politico italiano, si è fatto più incisivo nel momento in cui si è trattato di dover focalizzare l’attenzione sulla ricerca di un colpevole su cui addossare tutte le responsabilità dell’attuale situazione economica interna. Caratteristica imprescindibile del colpevole ideale in politica è quella dell’essere indifendibile, vuoi perché non abbia voce per controbattere, vuoi perché non abbia padre disposto a farlo per lui. Quale nemico migliore dell’Euro, di una moneta senza padre, della Germania egemone o dell’Europa stessa? Trovato il colpevole, le responsabilità della crisi le si possono ricondurre tutte su di lui svicolando dal gravoso compito di assumersi le proprie, specie se i problemi sono arrivati proprio mentre il potere lo ricopriva l’accusatore stesso. Per far fronte al rischio di ignorare alcuni passaggi fondamentali del nostro sistema politico europeo, rischio continuamente alimentato da una retorica politica di partito che, ogni giorno, svilisce il dibattito e il dialogo semplificandolo con luoghi comuni densi di risentimento e stupidità, VoCi si propone di raccontare una volta ogni due settimane un piccolo pezzo di questa nostra Europa.
Ma vi sembra il caso di iniziare già adesso ad assillarci con le elezioni di maggio 2014? Sei mesi a parlare di Unione Europea?
Si, soli 6 mesi per raccontare una realtà attuale che si è evoluta in 63 anni in 28 paesi diversi che, contro ogni prevedibilità storica, il 22 maggio 2014 eleggeranno dei rappresentanti che decideranno il loro unico futuro comune.
Poco importa, in Italia le elezioni europee sono sottovalutate, l’affluenza è bassa e il Parlamento europeo non conta nulla nel sistema politico europeo.
Si, in Italia le elezioni europee sono sottovalutate da anni e si tratta di un fenomeno antico avallato da comportamenti indecenti dei nostri politici italiani. Un esempio su tutti: nel 1972 Franco Maria Malfatti, esponente della Democrazia Cristiana nominato nel 1970 Presidente della Commissione Europea, decise di dimettersi dalla più alta carica europea per poter concorrere alle elezioni nazionali, unico caso nella storia di dimissioni dalla carica più prestigiosa a livello europeo sovranazionale per poter correre ad occupare una sedia del proprio parlamento nazionale, inaugurando una mentalità superficiale e opportunista che sottovaluta ancora oggi le elezioni europee in virtù di una maggiore visibilità mediatica vicino al proprio collegio elettorale.
In Italia l’affluenza alle elezioni europee è più bassa che per le elezioni politiche ma resta ben superiore della media europea con un tasso di affluenza del 65% contro il 43% di media nelle elezioni del 2009, confermando la buona abitudine partecipativa italiana.
Il fatto che il Parlamento Europeo non conti nulla ci viene spesso ripetuto da una retorica passata formatasi su manuali di diritto comunitario scritti prima del 1992: negli ultimi anni questa istituzione nata nel 1958 con funzioni puramente consultive, è stata rafforzata enormemente con un ruolo imprescindibile nel processo di formulazione delle leggi dell’Unione Europea. Il processo legislativo, oggi definito come codecisionale, in quanto implementato alla pari da Consiglio e Parlamento, avallato dal Trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009, vede l’unica istituzione eletta a suffragio universale in tutti i paesi membri arricchita di nuovi poteri al fine di scalfire quel deficit democratico ancora presente nel sistema europeo.
Obiettivo di questa piccola rubrica bisettimanale sarà dunque quello di affrontare, arricchendolo di contenuti, il dibattito sulle prossime elezioni europee e sul loro significato per i cittadini il cui futuro sarà scritto in un’aula ellittica ancora troppo stereotipata dalla retorica quotidiana.
Davide Vavassori
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