Il Sid, sistema di interscambio dati, è definitivamente entrato in vigore il 24 giugno: Banche, Sgr, Sim, assicurazioni e fiduciarie potranno cominciare a trasmettere all’Erario i dati relativi ai rapporti finanziari dei clienti. La novità rientra nelle iniziative volte a rafforzare la lotta all’evasione fiscale italiana (stima Corte dei Conti: 21% del Pil rispetto a un 13-14% del resto d’Europa). «È il colpo di grazia all’evasione: ora non sfuggirà più nulla, ora i conti correnti non avranno più segreti, ora ogni spesa finirà nel grande cervellone dell’Agenzia delle Entrate». Lo dice Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la Privacy. Ma che cos’è questo Sistema di Interscambio Dati in fin dei conti? Come funziona? Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, ci tiene a sottolineare che il Sid è un sistema a prova di privacy, come richiesto dal Garante, e che permetterà al fisco di monitorare i conti correnti dei cittadini italiani. Lo stesso Garante per approvare lo scambio di dati dei conti correnti dei cittadini, aveva imposto «un sistema di interscambio autonomo rispetto a quelli attuali. Un sistema che fosse completamente separato da tutti gli altri modelli di interscambio, che fosse cioè – spiega Befera – un’infrastruttura del tipo application to application senza intervento di personale umano. Questo sistema da lunedì 24 giugno è pronto e quindi noi siamo in grado di acquisire le informazioni che ci perverranno dagli operatori finanziari». Obiettivo finale: utilizzare le 22.200 informazioni al secondo che transitano dai processori per stanare gli italiani che ogni anno sottraggono all’erario qualcosa come 120 miliardi (3mila euro a contribuente), una cifra che da sola basterebbe a pagare gli interessi su tutto il nostro debito pubblico. Guerra totale all’evasione.
Eppure, qualche dubbio sull’utilità di questi mezzi invasivi dobbiamo porcelo. La Costituzione Italiana, articolo 53, riporta con indiscutibile chiarezza che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva“. Secondo le proprie possibilità, in ragione della loro capacità contributiva. Un concetto di giustizia al quale uniformarsi senza se e senza ma. Andiamo avanti provando a fare un parallelo. Il caso Prism che in questo momento sta scuotendo l’amministrazione Obama e irritando l’Unione Europea, è un esempio eclatante di dove sia possibile arrivare con un accesso indiscriminato e in profondità alle comunicazioni private degli utenti. Il caso è il seguente: l’NSA, la potentissima agenzia per la sicurezza nazionale USA e l’FBI, la polizia federale, possono tranquillamente guardare dentro ai server delle più grosse società americane in ambito Internet, estraendo video, audio, foto e tutti i dati che consentano di seguire i movimenti delle persone e i loro contatti. Il punto è che le persone spesso non capiscono quanto siamo importanti noi nella rappresentazione dei nostri dati. Chi sono, i miei gusti, i miei pensieri, i miei amici sono la rappresentazione informatica di me stesso, ed in quanto tali appartenenti solo ed esclusivamente a me stesso: i dati, in definitiva, siamo noi. Tornando al caso italiano, possiamo affermare che ci troviamo di fronte non solo a un modello di controllo dei conti correnti ma a una potenziale forma di conoscenza molto dettagliata delle società, delle persone, dei gusti personali, dei sistemi di relazione che vengono messi sotto osservazione. No, non ne sto facendo un problema di privacy, qui ci troviamo di fronte a una questione più complessa, che tocca le corde del vivere civile più profondo; viene subito in mente quello che si legge sui giornali in questi giorni e che riflette una parte consistente di quell’opinione pubblica che suole adottare la seguente frase: «Mi intercettino pure, io non ho niente da nascondere» . Anche noi approviamo, sia chiaro, sapendo però che è una frase di Joseph Goebbels ed è riportata in 1984, capolavoro di George Orwell: «Chi non ha niente da nascondere non ha niente da temere». È proprio questo il punto fondamentale, a mio avviso, la ferita scoperta della nostra società: la paura, la mancanza di fiducia reciproca tra Stato e Cittadino.
Nasce spontaneo fare un parallelo con quella che amo definire non tanto l’emergenza quanto l’esigenza educativa della nostra Italia: una questione di speranza, di un controllo attento e mai invasivo, rispettoso della libertà dell’educando, consapevoli che “solo la sanzione a posteriori e la sua esecuzione – ecco dove realmente si dovrebbe investire – rispetta la dignità dell’uomo, mettendolo di fronte alle sue responsabilità, ossia prende sul serio la sua libertà, anche del colpevole“. Invece, con il moltiplicarsi degli strumenti preventivi di controllo, redditometro, spesometro, studi di settore, stretta sui contanti, da ultimo questo sulle movimentazioni dei nostri conti correnti, oltre a creare nuovi spazi per un vero e proprio “mercato parallelo” del non-dichiarato, ci si posiziona decisamente sul fondo di quel piano inclinato che a me pare irreversibile e che definisco rottura totale del patto sociale; la continua, microscopica, asfissiante imposizione e creazione di regole che ci vengono dettate – così ci ripetono – per il nostro bene, la nostra sicurezza, soprattutto la nostra salute: ecco qual è il vero problema da estirpare, memori dell’antico adagio plurimae leges pessimae rei publicae (Tacito, penso non ci sia alcun bisogno di tradurre). Un cambio di marcia che trova un alleato sicuro in quella Chiesa cattolica che fa appello alle forze morali e all’elevazione spirituale della persona. Forte risuona infatti il richiamo di Pio XII ai partecipanti al Congresso dell’Istituto Internazionale delle Finanze del 2 ottobre 1948: “Astenetevi da queste misure [fiscali] che, a dispetto della loro elaboratezza tecnica, urtano e feriscono nel popolo il senso del giusto e dell’ingiusto, o che rilegano la sua forza vitale, la sua legittima ambizione di raccogliere il frutto del suo lavoro, la sua cura della sicurezza familiare: tutte considerazioni, queste, che meritano di occupare nell’animo del legislatore, il primo posto anziché l’ultimo”.
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