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La crisi delle occasioni

Venerdì sera ho passato a setaccio le idee che avevo sulla crisi. E come capita in questi casi qualche idea è passata attraverso le maglie, qualcuna si è impigliata; altre se ne sono aggiunte.
Il setaccio che ho usato è quello stesso della “crisi”, termine che deriva dal greco “krisis” che indica il giudizio, la separazione, la scelta, il passare al setaccio appunto. Se in lingua italiana la parola ha una connotazione prettamente negativa, in greco crisi è di per sé neutra e il cambiamento che produce potrà essere sia negativo che positivo.

Probabilmente soffriamo e temiamo così tanto l’attuale crisi proprio perché essa mette a processo noi e la società che abbiamo costruito, perché passa al setaccio le nostre prassi e le nostre abitudini. Questo rivela che quella che stiamo vivendo è oltre che crisi economica crisi antropologica, una crisi di senso che non ci permette più di procrastinare un cambiamento.

Ascoltati in quest’ottica di passaggio e verifica credo che gli interventi dei tre ospiti della serata abbiano posto le domande fondamentali per poter tornare a costruire scenari di speranza.

  • Ha ancora senso un modello di società che tende solo allo sviluppo (economico) fine a se stesso? Un sistema economico che bada solo al profitto e al consumo?
  • Servono solo nuovi strumenti per aggiustare vecchie idee?
  • Oppure servono nuovi strumenti per nuove idee?
  • Deve continuare ad essere questo il nostro modello di società?

Queste e altre le grandi questioni che frullano per la testa dopo la tavola rotonda di venerdì sera.

Probabilmente, a mio avviso, è mancata un po’ la discussione sulle modalità con cui questi cambiamenti si possono attuare; d’altra parte non si può negare che gli interrogativi posti siano quelli giusti.

Credo che quello che stiamo vivendo sia un tempo per riflettere e l’occasione per cambiare.
Ed è un cambiamento che, come i veri cambiamenti, non può prescindere (ce ne rendiamo conto in questi duri mesi di manovre finanziarie) dal sacrificio. Ma se si parte dall’idea che, come ricordava il dott. Tagliabue, sacrificio significa “rendere sacro”, ovvero rinunciare a qualcosa (beni materiali, idee preconfezionate, abitudini) per dare valore ad un tempo che altrimenti non ne avrebbe, si comprende la portata in termini di speranza che questa crisi ci offre.

Speranza cieca?
No. No se, come spiegava l’imprenditore Attilio Briccola, si impara a leggere la realtà con occhi diversi, con occhi attenti. E’ un tempo che può aiutare le persone a rivalutare l’importanza delle relazioni, a comprendere il valore di imparare un mestiere, ad immaginare nuove modalità di fare impresa. Mi trovo d’accordo con Mons. Angelo Riva quando ricorda che la chiave consiste nel vivere questo momento di passaggio con la sofferenza (e la speranza) propria di una madre, le cui doglie non sono fini a se stesse ma preludono a qualcosa di più grande.

Venerdì scorso, 13 Gennaio, Vo.Ci ha partecipato alla tavola rotonda dal titolo “Un’ agenda di speranza nello scenario della crisi”. L’ incontro, tenutosi presso il Centro Pastorale Cardinal Ferrari, ha segnato l’ inizio della III edizione della Scuola di formazione Socio-Politica organizzata dalla Diocesi di Como.

Gli ospiti della serata:

  • – Mons. Angelo Riva;
  • – Vittoria Boni, responsabile Dipartimento Welfare delle Acli;
  • – Fausto Tagliabue, CISL Como;
  • – Attilio Briccola, C.D.O. Como.

Prossimo incontro della scuola di formazione socio-politica:
Lunedì 23 Gennaio, Prof. Luigi Campiglio
“Ammazza che…FISCO!”
E’ possibile una fiscalità equa e responsabile?

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